Il DNA
Tutti gli esseri viventi sono composti da cellule. Nel nucleo di ogni cellula si trova una molecola chiamata DNA che contiene tutte le informazioni che contribuiscono a determinare le caratteristiche fisiche e psichiche di qualsiasi individuo. Il DNA è costituito da due nastri avvolti l’uno sull’altro e formanti una doppia elica che ricorda una chiocciola. Tralasciamo le informazioni tecniche sulla composizione chimica del DNA e occupiamoci degli aspetti che a noi interessano. Il DNA si raggruppa in cromosomi e sui cromosomi ci sono i geni (N.d.R.: porzioni di DNA che controllano specifiche caratteristiche). In ogni cellula del nostro corpo, quindi, sono contenute tutte le informazioni che ci identificano come specie e come individuo.
Un cromosoma altro non è che una molecola di DNA, formato da filamenti avvolti l’uno sull’altro in modo da formare una doppia spirale.
Ogni specie ha un numero determinato di cromosomi. L’uomo, come molti di noi sapranno dalle scuole medie, ha 46 cromosomi, il ratto ne ha 42, la drosophila ne ha 8, ma il numero dei cromosomi non è assolutamente dipendente dal grado di evoluzione della specie. Il cane, per esempio, ne ha 78, quindi più dell’uomo. Una costante in tutte le specie è invece il fatto che i cromosomi siano presenti in numero pari. I cromosomi sono infatti disposti a coppie formate da un cromosoma di provenienza paterna e uno di provenienza materna.
I cromosomi possono essere osservati al microscopio e individuati uno per uno e solitamente sono catalogati utilizzando numeri o lettere dell’alfabeto. Il loro aspetto è quello di filamenti di diversa lunghezza (si parla di millesimi di millimetro). L’insieme dei cromosomi è chiamato corredo cromosomico.
Quello che segue non è un trattato scientifico. Per facilità di comprensione, possiamo brutalmente immaginare il DNA come una cerniera. Come la chiusura lampo dei pantaloni quando, staccata dagli stessi, tende ad arrotolarsi a spirale. I dentini che s’incastrano sono i cromosomi. Immaginiamo una cerniera particolare in cui i dentini non siano tutti uguali tra loro, ma siano uguali a due a due. Ogni cromosoma si appaia infatti con un suo omologo. L’unica eccezione riguarda i cromosomi sessuali, che hanno forma diversa e sono detti «autosomi». Il cromosoma Y è generalmente molto povero d’informazioni genetiche. Contiene tutte prevalentemente le informazioni che si passano da padre in figlio (caratteri tipicamente maschili). In tutti i mammiferi, la combinazione XY è tipica del maschio, che come vedremo più avanti riceve la X dalla madre e la Y dal padre. La combinazione XX è invece tipica della femmina.
Tornando alla nostra fantomatica cerniera, prendiamo in considerazione una singola coppia di dentini denti metallici (che rappresentano due cromosomi omologhi):
Lungo ogni bastoncino in posizioni diverse (loci) si trovano i geni, che sono gli agenti responsabili dei diversi caratteri psico-somatici. Ogni gene è responsabile di una caratteristica particolare. Ce ne sarà uno che regola l’arricciatura del pelo, uno l’intensità del colore degli occhi, uno per la forma più arrotondata del cranio e così via, per ogni carattere.
Nella stessa posizione, su entrambi i cromosomi si trovano gli stessi geni, che sono convenzionalmente indicati con la stessa lettera alfabetica. Ogni gene (allele) però può esprimersi in due o più varianti che tra loro possono avere particolari relazioni di dominanza. I geni dominanti, sempre per convenzione, si indicano con la lettera maiuscola. Quelli recessivi con la lettera minuscola. Riferendoci al cromosoma nella figura sopraindicata, vediamo per esempio che nel locus 4 si trova il gene Na. Nel cromosoma di sinistra troviamo espresso come allele dominante Na, mentre in quello di destra appare come recessivo na. Nel locus 2 , costatiamo invece la presenza di due alleli dominanti su entrambi i cromosomi. Nel locus, dove si trova il gene Ci, abbiamo entrambi i geni recessivi. Ognuno di questi geni determina l’espressione di un determinato carattere. Il manifestarsi o meno di una mutazione dipende dalle relazioni di dominanza tra i singoli alleli. Con riferimento a ciascuna mutazione l’individuo potrà essere normale, mutato o portatore.
Il cane cui questa raffigurazione si riferisce, per esempio potrebbe essere nero portatore di fulvo, con testa tonda ma portatore di testa piatta, con ipersensibilità uditiva, carattere esuberante, portatore di predisposizione al diabete, con rene corto, spalla inclinata e portatore di macchia nera sulla lingua. Ovviamente è solo un esempio. Ogni più piccola informazione è regolata da un gene o da una serie di geni. E quella che abbiamo mostrato qui sopra è solo una coppia di cromosomi. Nel cane ce ne sono altre 38 , che contengono ben più dei 9 loci ipotizzati solo a titolo di esempio. Su uno stesso cromosoma possono stare decine e decine di geni.
La riproduzione
Lo studio della genetica serve agli allevatori per capire come si trasmettono i geni da un individuo all’altro nella riproduzione.
Ci sono due tipi di divisione cellulare. La prima è molto semplice ed è quella comune in molti organismi unicellulari.
La cellula si frammenta in due parti approssimativamente uguali mediante una strozzatura che scinde il nucleo in due. Ciascuna delle due cellule figlie riceve metà nucleo della cellula madre. Le cellule figlie sono uguali tra loro e hanno lo stesso patrimonio genetico della cellula madre. Il DNA si duplica formando due cromosomi.
Negli organismi più evoluti, invece, il compito della riproduzione è affidato a due cellule specializzate detti «gameti». I gameti non sono uguali tra loro. Il gamete maschile (spermatozoo) è piccolo, mobile e formato quasi interamente dal nucleo, mentre quello femminile (uovo) è ricco di sostanze nutritive di riserva e incapace di muoversi. Questi due tipi di cellule sono generalmente prodotti da due individui diversi. La fusione dei due gameti è detta «fecondazione»: nel corso di essa lo spermatozoo perfora l’involucro esterno dell’uovo e penetra nel suo citoplasma. Successivamente i nuclei delle due cellule si fondono tra loro. La nuova cellula che si è così formata prende il nome di uovo fecondato o «zigote»: da essa prenderà origine il nuovo individuo.
La caratteristica principale dei gameti è quella di avere un numero di cromosomi dimezzato, rispetto a quello delle altre cellule dell’individuo che andranno a formare. I gameti si formano infatti grazie alla «meiosi», un processo in cui la cellula madre, sdoppiandosi, divide il DNA in due bande e dimezza il numero dei propri cromosomi. Ogni genitore trasmette solo uno dei due cromosomi omologhi che possiede e la scelta è del tutto casuale. Dall’unione dei gameti, si otterrà perciò una nuova cellula (zigote) che tornerà quindi ad avere lo stesso numero di cromosomi previsto per la specie. I cromosomi omologhi saranno sempre uno di provenienza paterna e uno di provenienza materna. Durante l’accrescimento questa cellula subirà numerosissime altre divisioni (per mitosi), ma il numero dei cromosomi rimarrà sempre costante. In ogni cellula sono contenute tutte le informazioni da cui si possono ricostruire per intero i tratti somatici dell’individuo.
Riprendendo il nostro esempio improprio della cerniera, immaginiamo che i gameti si ottengano aprendo completamente la cerniera e staccando la metà destra da quella sinistra. La nuova cellula (zigote) nascerà unendo la mezza cerniera di provenienza paterna con l’altra mezza di provenienza materna. In realtà, il meccanismo è un po’ più complesso. Dovremmo immaginare una cerniera i cui denti possano ruotare e rimescolarsi a caso prima della divisione. Ma non solo. Nella divisione i cromosomi si avvinghiano (crossing over) e frequentemente si scambiano pezzi. In questo modo i caratteri degli antenati sono rimescolati in continuazione, generazione dopo generazione.
In questo rimescolamento dei distinti patrimoni ereditari sta per l’appunto la superiorità della riproduzione sessuata sulla riproduzione agamica. Possono nascere individui con combinazioni di caratteri diverse da quelle dei genitori e per questo possono essere più o meno adatti a particolari funzioni o a sopravvivere in un certo ambiente. Supponiamo per esempio che il patrimonio ereditario del padre comporti la capacità di sopravvivere in un clima molto caldo, quello della madre, la capacità di sopravvivere in un clima molto freddo. In un ambiente artico saranno avvantaggiati i discendenti che presenteranno un patrimonio genetico più simile a quello della madre. Dalla stessa coppia in un ambiente tropicale potrebbero emergere i figli che, al contrario, somigliano più al padre.
Molte diversità somatiche esistono infatti anche nei lupi, che presentano colori, dimensioni e mantelli diversi a seconda della zona in cui vivono. Pur provenendo da un unico progenitore, l’isolamento dovuto a barriere naturali ha permesso che la specie si diversificasse in diverse sottospecie.
Nel cane, però, notiamo anche tantissimi caratteri che nel lupo non sono presenti. Alla base di tutte queste trasformazioni, ci sono sempre delle modificazioni (mutazioni) nei geni che controllano le attività vitali di una cellula. Di queste mutazioni, alcune causano la morte della cellula, altre sono capaci di dare all’organismo strutture, aspetto e qualità nuove; altre infine portano a un adattamento all’ambiente rispetto ai primitivi caratteri. La mutazione vantaggiosa agisce cioè in favore della selezione naturale. In assenza di selezione naturale può essere l’uomo a decidere che una particolare mutazione può avere una particolare funzionalità in un ambito molto più specializzato di impiego del cane. Ad esempio, l’orecchio pendente e lungo dei segugi, in natura sarebbe un handicap, poiché determinerebbe riduzione delle capacità uditive e aumenterebbe la probabilità di infezioni batteriche che si sviluppano in assenza d’aria. Nella vita accanto all’uomo, l’orecchio che tocca il terreno agisce come un imbuto intorno al naso del cane, contribuendo a isolare l’emanazione della traccia e facendo in modo che l’olfatto si concentri su una parte limitata del terreno. Riducendo l’udito, costringe al cane a concentrarsi sugli altri sensi che interessano di più, in particolare convoglia l’attenzione sull’olfatto. Inoltre contribuisce a dare un aspetto dolce, mite, che ricorda i volti femminili, che ben si addice a richiamare le qualità caratteriali del cane da caccia. Ciò che in natura è un handicap, nella vita domestica può essere un vantaggio.
Le grandi differenze somatiche che notiamo oggi nelle diverse razze, sono nate proprio in questo modo. Se la riproduzione asessuata ha il vantaggio di essere un ottimo sistema di propagazione veloce della specie (si pensi alla rapidità con cui si propagano i funghi) quella sessuata ha il vantaggio di consentire un continuo miglioramento genetico. I figli tendono sempre a essere avvantaggiati sui genitori, in funzione dell’adattamento all’ambiente e la specie può modificarsi gradualmente tenendo il passo delle modificazioni ambientali.
Denis Ferretti