di Denis Ferretti
I geni che coinvolgono la colorazione dell’iride sono parecchi, anche se alcuni sono molto rari e interessano solo poche razze.
L’occhio ancestrale
Un gene che non possiamo trascurare, per esempio è quello che dà il colore giallo degli occhi del lupo. In questo caso si tratta di un gene dominante con trasmissione mendeliana semplice. Ma sono poche le razze che lo presentano. Da secoli l’uomo ha preferito per la maggior parte delle razze il colore scuro, dal nocciola al nero che conferisce all’animale un’espressione più “umana” e lo differenzia dal selvatico a cui si dava valenza negativa essendo considerato un animale nocivo.
Il colore giallo dell’occhio (definito spesso occhio da falco) non è legato alla colorazione agouti del mantello, tant’è che i pastori tedeschi grigi, pur avendo mantello agouti, hanno quasi sempre occhio scuro, mentre i lupi neri, oggi abbastanza frequenti, continuano ad avere occhi gialli.
L’occhio marrone
Nella maggior parte delle razze invece si è selezionata la variante scura e perciò nel cane normalmente si vede un colore dell’occhio uniforme che va dall’ambra al nero. La gradazione è il risultato dell’azione congiunta di numerosi geni, chiamati appunto geni modificatori. I cani devono cioè combinare l’assenza del gene occhio giallo del canide ancestrale con un grande numero di coppie responsabili della gradazione. Se prevalgono le coppie con geni a segno più, responsabili della colorazione scura, avremo un occhio nero o molto scuro. Se ci sono molte coppie di modificatori formate da alleli a segno meno, avremo un colore marrone anche molto chiaro (ambra), di tonalità tenue, comunque diversa dall’occhio «da falco» ancestrale.
Osservando la distribuzione percentuale delle diverse tonalità negli accoppiamenti misti, sembra molto verosimile l’ipotesi che la colorazione marrone dell’iride sia un tipico esempio di eredità quantitativa «con dominanza». Questo significa che gli alleli dei modificatori «nel loro piccolo» si comportano come geni a dominanza completa mendeliana, con il colore scuro che domina sul chiaro. I cani con occhio nocciola o marrone chiaro, hanno perciò diverse coppie di modificatori composte da alleli entrambi a segno meno. I cani a occhio scuro hanno invece molte coppie di modificatori in cui “almeno uno” dei due alleli è a segno più. A differenza di quanto avviene nel caso di eredità quantitativa senza dominanza, dove i segni più e meno hanno lo stesso peso nel fornire il proprio apporto fenotipico, in un modello di accoppiamento casuale di soggetti che presentano diverse gradazioni, noteremo che la frequenza dei colori più scuri (dominanti) tende a essere maggiore.
Se però il nostro obiettivo fosse di eliminare il fattore chiaro, perché la gradazione scura è preferita, come di fatto accade nella maggior parte delle razze, il compito di questa selezione risulta, contrariamente a ciò che potrebbe sembrare, molto più difficile. Anche selezionando i soggetti con il pigmento più scuro, non possiamo mai escludere che questi abbiano modificatori con presenza di alleli a segno meno che si manifesteranno solo quando emergeranno in stato di omozigosi.
Colorazioni dell’iride legate al colore del mantello
— l’effetto del fattore riduzione per il marrone (cioccolato)
La gradazione dell’iride dei cani a occhio scuro, può inoltre essere influenzata da altri fattori, in da alcuni che riguardano il colore del mantello.
Il gene “b” che trasforma il pigmento nero in marrone cioccolato, per esempio, agisce su ogni tipo di pigmento. Dalla pelle e di conseguenza il tartufo che da nero diventa marrone, al colore dell’iride. Un cane color cioccolato “non può”, avere l’occhio nero, perché non può avere pigmento nero. Il massimo che possiamo ottenere, selezionando tanti modificatori a segno più, sarà un colore cioccolato scuro. Il classico “preferirei un occhio più scuro” che mi è capitato di leggere tante volte in nei giudizi delle expo, penalizza a mio avviso ingiustamente i cani caratterizzati da questa colorazione. Mediamente l’occhio dei cani a corredo genetico <bb> è più chiaro rispetto a quello dei colleghi <BB> e <Bb>, per questo nelle razze dove è richiesto l’occhio scuro la selezione è molto più difficile, se li si giudica con lo stesso metro.
L’inibizione del pigmento nero è legata al gene b, indipendentemente dalla base di mantello su cui agisce. Quindi anche quando <bb> si manifesta su un cane fulvo, come nel caso dei setter inglese bianco arancio a fattore marrone, o nei Dogue de Bordeaux a maschera rossa o, ancora, nei cani completamente bianchi, come possono essere lo spinone o il Podenco Ibicenco. Se vediamo il tartufo a pigmento marrone, con marrone che parte dalla base, è perché nel corredo genetico c’è una coppia <bb> e di conseguenza anche il colore degli occhi è schiarito. La cosa è particolarmente evidente nei cuccioli dove l’iride appare addirittura verde e forse ancor più del tartufo marrone può essere presa come indice rivelatore della coppia <bb>.
Con l’età adulta però il colore scurisce notevolmente.
— l’effetto del fattore diluizione (blu)
Effetti analoghi sono quelli che derivano dal gene d (diluizione) che in doppia dose trasforma il pigmento nero in pigmento grigio frequentemente chiamato blu. L’effetto più vistoso è sul colore del pelo nero che assume una tonalità grigia-bluastra uniforme, ma ci sono effetti anche sugli altri pigmenti. Il colore del tartufo può essere schiarito in modo appena percettibile. Anche gli occhi, nel complesso rimangono scuri, ma prendono una velatura blu che anche in questo caso è visibilissima nei cuccioli (hanno gli occhi praticamente azzurri) e tende a scomparire nell’adulto. E anche in questo caso, gli effetti sono dipendenti dal gene anche quando le combinazioni con gli altri geni non ne permettono l’espressione netta visibile nel mantello. Un cane fulvo a base blu, mostrerà quindi le conseguenti riduzioni di pigmento anche se il gene non è molto appariscente sul mantello (es. piccolo levriero italiano isabella).
— l’iride dei cani merle
Un’altra riduzione che può interessare la pigmentazione dell’occhio è quella legata nel al mantello merle. I cani che presentano questo carattere, possono avere occhi azzurri. Uno o entrambi. A volte c’è addirittura una depigmentazione parziale nello stesso occhio che può presentarsi in parte blu e in parte marrone. Il colore azzurro degli occhi è dovuto all’assenza di pigmento. È conseguente a un effetto di rifrazione della luce, quindi sono blu per lo stesso motivo per cui il cielo appare blu. Nel merle il pigmento non è totalmente assente, ma molto molto ridotto. Ne consegue una colorazione leggermente grigiastra velata, che in gergo è denominata “occhio gazzuolo”. L’occhio gazzuolo nei merle non è una costante e non è una certezza. Dipende dal fatto che l’occhio venga a trovarsi in un’area dove è presente la depigmentazione o se si trovi in una parte pigmentata. Come molti sapranno, la depigmentazione provocata dal merle non va a posizionarsi in zone fisse, ma si dispone a chiazze irregolari a contorno strappato su tutto il corpo. Può succedere quindi gli occhi, indipendentemente l’uno dall’altro, finiscano per trovarsi in una zona chiara, in una scura o su una linea di confine. Alcuni standard ammettono un solo occhio gazzuolo e non entrambi. Per una questione di probabilità è una condizione frequente, ma non certa né controllabile. È un po’ una roulette russa.
Un altro particolare interessante è il fatto che l’effetto merle sul mantello è evidente solo nei soggetti che hanno “eumelanina nel mantello” (pelo a base nera, grigia, marrone). Non interessa il fulvo, se non limitatamente alle carbonature. Se vediamo meticci di colore fulvo con un occhio azzurro, molto spesso, per non dire sempre, questo è causato dal gene merle, presente nel corredo genetico, ma non evidenziato sul mantello. A volte si nota anche in cani di razza in cui è stato introdotto il merle o quando ci sono stati accoppiamenti tra fulvi e merle.
— occhio azzurro sulle aree bianche
Un altro caso di occhio azzurro è relativamente frequente nei cani a mantello prevalentemente bianco quando il bianco si estende alla testa. La genetica in questo caso non è chiara: sembra abbastanza evidente che ci sia un legame, tra il tipo di mantello e l’occorrenza dell’occhio azzurro, ma non è dato sapere se ci sia un gene specifico che regola questo particolare e quale sia il suo comportamento. Difficile desumerlo da statistiche anche il numero limitato di soggetti in cui si manifesta, che oltretutto difficilmente si riproducono perché sono spesso considerati “difettosi”. Lo si vede nei boxer bianchi, nei bobtail, a volte nei border collie e raramente nei setter.
— gene “panda”
Il pastore tedesco “panda” invece pur condividendo questo particolare è interessato da un gene specifico e in America è stata fissata una linea di sangue che presenta questa costante. Con parecchie critiche per la salute delicata e poca longevità di questa variante, non sappiamo se dovuta a caratteristiche legate alla colorazione o semplicemente all’eccesso di consanguineità messa in atto per fissare la nuova varietà partendo da una mutazione che si è evidenziata in un solo soggetto.
L’occhio azzurro
Ci sono poi cani con occhi azzurri e “impari” col mantello di ogni colore.
Il gene dell’occhio azzurro è un gene recessivo che toglie il pigmento dagli occhi con il conseguente effetto di rifrazione che fa apparire l’iride azzurra. Ho parlato di “gene”, ma è molto probabile che nell’universo delle razze canine ci possano essere diversi geni che provocano lo stesso effetto. Nel siberian husky, la razza più nota in cui questa caratteristica è tipica, si è notato che l’eterocromia (occhi impari) è dominate sull’occhio azzurro e recessiva sull’occhio marrone. A volte capita che nascano cani ad occhi azzurri anche in altre razze, in soggetti a pigmento completo. Questo rafforza l’ipotesi del comportamento recessivo anche se non sappiamo se si tratti dello stesso gene presente nell’husky e se nemmeno se ci sia stato un meticciamento con l’husky in tempi passati.
I geni modificatori
Sostanzialmente, a parte gli isolati casi singolari e le poche razze che hanno come elemento di tipicità un colore degli occhi non convenzionale, per la quasi totalità delle razze, la selezione del colore dell’occhio, riguarda la gestione dei modificatori che regolano la tonalità del pigmento marrone. E per molti la selezione spinge verso il pigmento il più scuro possibile che è ritenuto da molti, probabilmente a torto, indice di salute e di forza, mentre tralasciando i casi estremi l’occhio scuro è prevalentemente un fattore estetico. È innegabile però che la tonalità influisca notevolmente sull’espressione che a sua volta è uno degli elementi più apprezzabili nella tipicità. Un occhio troppo chiaro, a volte conferisce un’espressione vuota e sguardi che sembrano trasmettere una sensazione di poca intelligenza. Dipende sempre dalla razza che prendiamo in considerazione. Altro fattore rilevante è il colore del mantello sulla faccia. Se un cane ha il mantello nero o la maschera nera, un occhio chiaro sarà molto più evidente e un’eventuale atipicità sarà notata da tutti.
Le caratteristiche regolate da geni modificatori senza dominanza, seppur difficili da guidare nei minimi dettagli, si possono controllare abbastanza facilmente attraverso accorgimenti intuitivi e basati sul fenotipo. Se per esempio cerco un orecchio il più corto possibile, i risultati migliori li avrò accoppiando tra loro i soggetti che hanno gli orecchi più corti. Nel caso di modificatori con dominanza, la selezione è invece più complessa. Il problema principale è che viene meno in modo considerevole la corrispondenza tra genotipo e fenotipo. Due cani con occhi molto scuri giudicati “ideali” potrebbero avere genotipi molto diversi: uno potrebbe avere molte coppie di modificatori allo stato eterozigote e quindi di fatto essere portatore per numerose coppie di fattore chiaro; l’altro potrebbe avere invece un altissimo grado di omozigosi nei modificatori del colore degli occhi ed essere perciò ideale non solo fenotipicamente, ma anche genotipicamente.
Un’altra particolarità è legata al fatto che i modificatori sono tantissimi e i geni che provocano lo stesso effetto o effetti cumulabili possono essere non allelici. Due soggetti con un grado di eterozigosi abbastanza elevato (cioè portatori di numerosi modificatori responsabili dell’occhio chiaro) se non imparentati e provenienti da linee di sangue distanti, hanno comunque buona probabilità di non condividere i modificatori responsabili dell’occhio chiaro e generare discendenti con occhi scuri, anche se di loro potrebbero essere portatori di un numero di modificatori ancora maggiore. Gli stessi soggetti con un partner diverso che abbia le stesse identiche coppie di modificatori eterozigoti, potrebbero invece generare già in prima generazione diversi soggetti con occhio chiaro.
Queste situazioni rendono particolarmente difficile prendere informazioni dallo studio delle familiarità, che è l’unico strumento che abbiamo per programmare gli obiettivi che non dipendono da geni mappati e verificabili in laboratorio.
Faccio un esempio pratico per rendere più chiara la questione.
Ipotizziamo due soggetti non necessariamente parenti stretti, ma magari provenienti dalla stessa linea di sangue. E ipotizziamo una serie di otto modificatori che regolano il colore degli occhi.
Questi soggetti potrebbero avere corredo genetico:
- il maschio
- A1+ A1-
- A2+ A2-
- A3+ A3+
- A4+ A4+
- A5- A5-
- A6+ A6+
- A7+ A7-
- A8+ A8+
- la femmina
- A1+ A1-
- A2+ A2-
- A3+ A3+
- A4+ A4+
- A5+ A5-
- A6+ A6+
- A7- A7-
- A8+ A8+
Dal punto di vista fenotipico, si tratta di due soggetti a occhio scuro, ma non scurissimo. Entrambi hanno una coppia di modificatori allo stato omozigote recessivo: il maschio ha due A5 a segno meno, e la femmina ha due A7 a segno meno.
La caratteristica di questo accoppiamento è data dal fatto che i segni meno presenti nel corredo genetico sono posizionati sulle stesse coppie: A1, A2, A5 e A7. I modificatori A3, A4, A6 e A8 sono fissati a livello di omozigosi.
Che cucciolata devo aspettarmi da un simile accoppiamento? Avendo entrambi un genotipo dello stesso tipo a livello di qualità (in un ottica in cui vedo i segni più come pregio e i meno come elemento poco desiderabile), mi aspetto che la media della cucciolataU+0020rispecchi il livello dei genitori. Tra i tanti cuccioli però c’è la speranza che qualcuno erediti una totalità segni più, corrispondente all’occhio nero. C’è anche il rischio che i cuccioli ereditino più segni meno dei genitori. L’ipotesi più sfortunata è quella in cui emergano i segni meno in TUTTE le coppie dove il segno meno è presente ed emerga un genotipo:
- A1- A1-
- A2- A2-
- A3+ A3+
- A4+ A4+
- A5- A5-
- A6+ A6+
- A7- A7-
- A8+ A8+
Questo sarebbe un livello molto inferiore a quello dei genitori, con quattro coppie a segno meno contro una sola. Ci sono comunque possibilità di avere cuccioli con due coppie a segno meno o tre coppie a segno meno… insomma, si può avere qualcosa che sia “un po’ meglio”, ma anche qualcosa che è decisamente peggio. Dipende dalle combinazioni casuali dei geni, potete fare una simulazione affidandovi a un lancio di monetine in uno schema testa/croce.
Prendiamo ora in considerazione una coppia di cani dello stesso livello, anch’essi provenienti da una stessa linea di sangue, ma diversa da quella dei due precedenti. Questi cani potrebbero avere un patrimonio genetico simile per qualità, ma diverso nella distribuzione dei segni meno sulle singole coppie di geni modificatori. Possiamo ipotizzare che i segni meno si trovino prevalentemente sulle altre coppie di modificatori rispetto al caso precedente:
- il maschio
- A1+ A1+
- A2+ A2+
- A3- A3-
- A4+ A4-
- A5+ A5+
- A6+ A6-
- A7+ A7-
- A8+ A8+
- la femmina
- A1+ A1+
- A2+ A2+
- A3- A3-
- A4+ A4-
- A5+ A5+
- A6+ A6-
- A7+ A7+
- A8+ A8-
in questo caso i segni meno saranno concentrati prevalentemente sulle coppie A3, A4, A6
Inoltre abbiamo la particolarità data dal fatto che i modificatori con segno meno in omozigosi responsabili del fenotipo “occhio comunque non-nero”, sono posizionati sulla stessa coppia.
Anche in questo caso la media dei cuccioli corrisponde qualitativamente “grossomodo” al livello dei genitori. Ma a differenza del caso precedente non ci sarà nessuna possibilità di avere un figlio “migliore dei genitori” in merito al pigmento degli occhi. Per quanto riguarda la coppia A3, infatti tutti i cuccioli erediteranno necessariamente i segni meno, presenti in misura doppia nel corredo genetico di entrambi i genitori. Quindi dobbiamo escludere l’occhio nero su cui potevamo sperare nell’accoppiamento precedente apparentemente identico. Per contro, qui non rischiamo di avere cuccioli con quattro coppie di modificatori a segno meno. Il caso più sfortunato è di tre coppie (A3, A4, A6), anche se la qualità “genotipica” rimane uguale a quella del caso precedente.
Ma vediamo ora un’altra ipotesi: supponiamo di accoppiare il maschio della prima ipotesi con la femmina della seconda ipotesi.
E’ un accoppiamento che all’apparenza è identico a quelli visti finora: sono cani con la stessa qualità fenotipica e anche della stessa qualità genotipica generale (che potremmo desumere osservando i parenti nelle rispettive linee di sangue).
In questo caso però vedremo che anche nella peggiore delle ipotesi, che consiste nel caso in cui il cucciolo erediti tutti i segni meno che può ereditare, non avremo nessun caso di coppia omozigote per il segno meno. I cuccioli nasceranno perciò “TUTTI” con occhi neri e più pigmentati di entrambi i genitori. Le cose si possono ridimensionare nelle generazioni successive, quando continuando a mescolare le linee di sangue, potranno emergere combinazioni di segni meno che coinvolgono un numero sempre maggiore di geni. Tornando su una linea e rimanendo su quella, senza mai fare consanguineità con richiami sul soggetto “nuovo” immesso, invece ci si riporta sulla posizione precedente o leggermente migliorata se siamo fortunati.
Anche dall’altro accoppiamento incrociato, avremo nel complesso una situazione migliore, con la maggior parte dei cuccioli ad occhi neri e una sola possibilità di cuccioli con occhio comunque molto scuro (come quello dei genitori), costituita dai cuccioli che ereditano due alleli a segno meno sul gene modificatore A7.
Ovviamente, in assenza di test genetici specifici, noi non possiamo sapere nulla del genotipo dei nostri riproduttori. Una cosa che si consiglia è di osservare la familiarità: studiare i pedigree e vedere le caratteristiche presenti nei correlati, nei parenti, nei figli.
Provate però a pensare che cosa si potrebbe dedurre osservando che cosa hanno prodotto questi cani se questi fossero stati accoppiati solo una volta in una delle ipotesi precedenti.
Lo stesso cane nella prima ipotesi potrebbe aver prodotto alcuni cuccioli a occhio chiaro. Alcuni a occhio molto più chiaro rispetto a quello dei genitori. Da una valutazione della cucciolata, si potrebbe desumere che i genitori sono portatori di molti geni non ideali. Il livello è buono, ma “non trasmettono”, si sente spesso dire.
Se però l’accoppiamento di riferimento fosse l’ultimo preso in considerazione potremmo giungere a conclusioni opposte: non ha gli occhi scurissimi, ma guarda i cuccioli che occhi neri! E’ un soggetto da utilizzare. Per come vanno le cose in cinofilia, le sorti di un riproduttore potrebbero prendere strade opposte solo per aver scelto di fare un accoppiamento prima di un altro.
Se l’accoppiamento dell’ultima ipotesi fosse stato fatto per primo e avesse riguardato uno stallone giovane promessa di un allevamento famoso, guardando i cuccioli sarebbero stati molti gli allevatori a chiedere la monta di quel cane per migliorare il colore degli occhi nei propri.
Salvo poi accorgersi che non a tutti sarebbe andata così bene, quando comunque il più era fatto.
Al contrario, un accoppiamento della prima ipotesi fatto per primo avrebbe potuto stroncare la carriera riproduttiva dello stesso cane. “Dà occhi chiari, meglio non usarlo”.
Incidenza della consanguineità
Nel presentare questo esempio ho ipotizzato che le coppie che condividevano i modificatori su cui erano posizionati i segni meno, appartenessero alla stessa linea di sangue. Questo perché è una situazione frequente. In realtà, non è sempre scontato che su una stessa linea di sangue si riduca la variabilità perché l’eterozigosi si fissa sugli stessi modificatori. Dipende un po’ da come procedono le cose. Diciamo che come tendenza generale, in una popolazione chiusa la riproduzione lasciata al caso, nel tempo tende all’omozigosi. E all’omozigosi ci si arriva tanto più velocemente quanto più è ristretta la popolazione. Quando vediamo omogeneità nei soggetti di allevamenti che sono soliti lavorare in line-breeding e non uscire mai da un certo circuito, è ipotizzabile che si sia in una situazione in cui molti modificatori sono fissati a livello di omozigosi sia a segno più che a segno meno. L’introduzione di una linea esterna può portare modificatori a segno diverso, aumentare la variabilità e quindi anche far apparire combinazioni che ci danno un fenotipo più ricercato. Ma nelle generazioni successive i geni si ricombinano e potranno apparire anche livelli meno apprezzati che nella selezione tradizionale non apparivano più. Questo è quello che avevano notato i primi selezionatori del 900 che hanno iniziato a lavorare con metodologie moderne ricercando il genotipo e non solo il fenotipo. E’ per questo che temevano e sconsigliavano gli out-cross, salti nel buio che avrebbero potuto far emergere cose nuove e distogliere da quell’omogeneità che era vista come sinonimo di purezza.
Nello stesso modo con cui si fissano i modificatori che riguardano il colore degli occhi però, in assenza di selezione si possono fissare anche modificatori che apportano effetti negativi, per esempio sulla predisposizione a patologie, o nei geni che regolano il sistema immunitario. È il famoso problema del maltrattamento genetico che si è evidenziato negli ultimi decenni e con cui i padri della cinofilia non avevano fatto i conti. Oggi ci sonno tante altre cose da tenere sotto controllo e sicuramente in alcuni casi è preferibile rischiare di avere un occhio chiaro, piuttosto che rischiare di fissare un sistema immunitario indebolito o una riduzione delle capacità riproduttive.
Omogeneità di genotipo e consanguineità comunque non sono necessariamente correlate. Usare la consanguineità per massimizzare il livello di omozigosi nei modificatori è un metodo diffuso un po’ furbetto per aumentare la probabilità che succeda. Ma si tratta sempre di probabilità. È possibilissimo trovare riproduttori nemmeno lontanamente imparentati che per caso condividono lo stesso genotipo oltre al fenotipo. E allo stesso modo, non è sempre detto che parenti stretti condividano i modificatori che ci interessano. Ci sono tanti fratelli pieni che non si somigliano nemmeno fenotipicamente. Le stesse differenze potrebbero presentarle nei modificatori che vogliamo selezionare. I geni condivisi sono percentualmente tanti, ma non è detto che siano proprio quelli che vorremmo noi.
Denis Ferretti
Giugno 2023